La carta e il cartone riciclato
Dal punto di vista economico, il riciclaggio è sicuramente meno costoso che l’incenerimento. Il costo dell’incenerimento di una tonnellata di rifiuti varia tra 96 e 192 euro a tonnellata, mentre il trattamento della carta straccia costa tra 64 e 96 euro a tonnellata. È ovvio che la carta riciclata non produce un pari peso di carta “nuova” ( per fare una tonnellata di carta nuova ci vuole normalmente – e comunque in misura variabile a seconda degli impianti e del prodotto fabbricato – anche una certa percentuale di cellulosa fresca, proveniente da alberi).
Tuttavia:
- nelle fabbriche che producono carta per giornali da carta da giornali riciclata non si usa più cellulosa proveniente da alberi;
- il costo della materia prima riciclata è notevolmente più basso di quello della pasta di legno, i relativi scarti possono essere utilizzati come combustibile necessario al processo di fabbricazione, e la produzione è meno inquinante;
- il riciclaggio riduce la quantità di rifiuti da trattare, i relativi costi di stoccaggio, lo spreco di spazio da destinare allo stoccaggio medesimo, l’inquinamento da incenerimento, e ovviamente il consumo di alberi vivi (anche se gli alberi impiegati per la
produzione della carta provengono da vivai a coltivazione programmata dove vengono periodicamente tagliati e ripiantati).
In Italia il tasso di riciclo annuale degli imballaggi di carta e cartone è più che raddoppiato negli ultimi 15 anni, mentre oltre il 50 per cento della carta da macero mondiale viene indirizzata verso i mercati asiatici. Una tonnellata di carta riciclata consente di risparmiare (rispetto alla carta vergine) il taglio di 24 alberi, il consumo di 4.100 kWh di energia e di 26 metri cubi di acqua, e le emissioni di 27 chili di CO2
Per quanto riguarda la carta in fibra vergine, le operazioni forestali gestite dalla certificazione
Forest Stewardship Council® (FSC) vengono stabilite con elevati standard ambientali e socialiche altri schemi non applicano.
Plastica Riciclata
Le plastiche in genere sono materiali scarsamente degradabili. I più comuni polimeri possono impiegare anche 1000 anni per degradarsi nell’ambiente. Le plastiche rappresentano tra l’altro il 40% dei rifiuti prodotti. Il materiale plastico largamente impiegato negli imballi e nei prodotti di consumo ha un forte impatto sull’ambiente e sulla salute degli esseri viventi. Il suo incenerimento produce diossine, furani, PCB – policlorobifenili, IPA (idrocarburi policiclici aromatici), VOC (composti organici volatili), elementi in traccia (piombo, cadmio e mercurio), acido cloridrico, ossidi di azoto, ossidi di zolfo ed ossidi di carbonio. Molti di questi composti si disperdono in atmosfera insieme alle polveri, alle ceneri di fondo (che si depositano alla base della caldaia durante il processo di combustione) e alle ceneri volanti (perché non trattenute dai sistemi di filtraggio aereo). Il riciclaggio si presta particolarmente alle materie plastiche degli imballaggi. I polimeri che permettono i migliori risultati in termini di recupero sono: PET, PVC, PE.
Nel caso si suddividano le diverse tipologie in modo omogeneo, si ottiene materia prima secondaria, cioè con caratteristiche tecniche e chimiche del riciclato molto simili a quelle iniziali. Alcuni esempi di prodotti:
- con il PET riciclato: nuovi contenitori non alimentari con l’eccezione di contenitori per acque minerali e bevande analcoliche, fibre per imbottiture, maglioni, “pile”, moquette, interni per auto, lastre per imballaggi vari;
- con il PVC riciclato: tubi, scarichi per l’acqua piovana, raccordi, passacavi, prodotti per il settore edile;
- con il PE riciclato: contenitori per detergenti, tappi, film per i sacchi della spazzatura, pellicole per imballaggi, casalinghi.
Per acque minerali e bevande analcoliche il riciclo del PET avviene con le modalità stabilite dal Dm 113/2010 che consente l’impiego di polietilentereftalato (Pet) riciclato nella produzione di bottiglie per uso alimentare (con un contenuto massimo del 50 % sul totale)
Nel caso di trattamento di diversi tipi di plastica insieme, si ottiene plastica riciclata eterogenea, impiegata ad esempio per produzione di panchine, parchi giochi, recinzioni, arredi per la città, cartellonistica stradale.
Gomma Riciclata
Il riciclo meccanico della gomma consiste nella riduzione del materiale recuperato in granulometrie omogenee che consentano il reimpiego del materiale stesso nella mescola utilizzata per la produzione dei nuovi manufatti.
La frazione più consistente di gomma riciclata post-consumo proviene dal recupero dei pneumatici dismessi.La composizione della gomma riciclata è molto simile a quella del materiale vergine di provenienza e, sotto forma di granulato o polverino, può entrare a far parte delle mescole utilizzate dall’industria per numerose applicazioni. Esistono però dei limiti in % per l’impiego della gomma riciclata nella realizzazione di nuovi manufatti, limiti dovuti all’impossibilità di rilavorare tal quale la gomma vulcanizzata e che variano a seconda delle tecnologie impiegate e delle prestazioni richieste al prodotto finale.
I granuli di gomma riciclata vengono prevalentemente miscelati a vari leganti per ottenere conglomerati resino-gommosi realizzati per stampaggio a freddo. In questi casi, la percentuale si aggira in media intorno al 60 % – 70 %. Diverso è il caso del polverino, che, miscelato all’elastomero vergine o ad altri materiali, può essere sottoposto a pressofusione o altri tipi di stampaggio, anche se in percentuali molto ridotte (20 % circa).Purtroppo ad oggi il tasso di riciclo non cresce (rappresenta ancora meno del 10% sul totale di pneumatici recuperati, mentre più della metà viene ancora conferita in discarica). I granuli di gomma riciclati sono fino a 7 volte più economici rispetto alla gomma vergine.
Alluminio Riciclato
L’alluminio possiede caratteristiche ottimali per il riciclo: può essere riciclato al 100% e riutilizzato all’infinito per dare vita ogni volta a nuovi prodotti.
Circa il 90% dell’alluminio prodotto nel nostro Paese proviene dal riciclo e non differisce per nulla da quello ottenuto dal minerale originale poiché le caratteristiche fondamentali del metallo rimangono invariate.
Dopo la selezione, gli imballaggi in alluminio, prima raccolti poi pressati in balle, vengono avviati a riciclo in fonderia.
Sostanzialmente qui il materiale viene pre-trattato a circa 500° per essere epurato da vernici o altre sostanze aderenti e poi fuso a 800° per ottenere alluminio liquido da cui si ottengono lingotti e placche destinate a essere lavorate per la produzione di semilavorati e nuovi manufatti.
L’alluminio riciclato ha le stesse proprietà e qualità dell’alluminio originario e viene impiegato nell’industria automobilistica, nell’edilizia, nei casalinghi e per nuovi imballaggi.
Il riciclo e recupero dell’alluminio apportano numerosi benefici in termini di:
– Economia, il riciclo dell’alluminio è un’attività particolarmente importante per l’economia del nostro Paese, storicamente carente di materie prime.
– Energia. il riciclo dell’alluminio permette di risparmiare il 95% dell’energia necessaria a produrlo dalla materia prima.
– Materia, il riciclo degli imballaggi in alluminio permette di recuperare materia prima preziosa, utilizzabile per la realizzazione di nuovi prodotti.
– Ambiente, il riciclo dell’alluminio permette di salvaguardare l’ambiente e le sue importanti risorse naturali.
Vetro Riciclato
I rifiuti di vetro possono avere origine industriale, urbana o di altra natura.
Tra i rifiuti industriali del vetro, suscettibili di riciclaggio, hanno una particolare collocazione gli scarti di produzione, cioè quei prodotti in vetro (o loro frammenti) che non sono giudicati idonei alla distribuzione e sono generalmente riciclati nella sede stessa che li ha prodotti. La loro qualificazione davanti alla legge è molto diversa dalle altre tipologie.
I rifiuti urbani in vetro (principalmente imballaggi) vengono normalmente separati dagli altri rifiuti solidi urbani mediante la raccolta differenziata del vetro, e cioè vengono conferiti in apposite campane dai cittadini, dalle attività commerciali e di ristorazione, o ritirati attraverso appositi servizi di raccolta porta a porta.
I rifiuti in vetro di origine ospedaliera sono soggetti a particolari limitazioni e verifiche. A livello nazionale, esistono opportuni Consorzi di filiera, nati con il Decreto Ronchi, che si occupano del recupero di differenti frazioni merceologiche. Per gli imballaggi di vetro, tale entità è il Co.Re.Ve. (Consorzio Recupero Vetro), con l'obiettivo di gestire il ritiro dei rifiuti in vetro da raccolta differenziata, garantirne l'avvio al riciclo, predisporre le linee guida per le attività di prevenzione.
Nel 2009 il riciclo di imballaggi di vetro in Italia ha raggiunto quota 66% (1.362.000 t su un totale di 2.065.000)`{`1`}`. La raccolta differenziata, gestita per il 71% tramite il Co.Re.Ve., produce prevalentemente vetro ``grezzo`` e in parte minore vetro ``pronto al forno```{`1`}`.
La raccolta di tipo ``misto``, come avviene oggi in Italia, permette la produzione unicamente di vetro di colore giallo e verde limitando considerevolmente l'utilizzo del rottame di vetro. Un riciclaggio più efficiente sarebbe possibile mediante la separazione dei diversi colori di vetro: verde, giallo e bianco.
Ogni anno vengono riciclate in Italia circa 200 t di vetro ``non imballaggio`` (vetro piano), prevalentemente incolore.
Affinché il vetro raccolto possa essere riciclato in vetreria è necessario sottoporlo a un'operazione di selezione presso un impianto di trattamento specializzato.
Il trattamento è composto di varie operazioni di cernita (manuale o meccanica), frantumazione, vagliatura. In particolare, vengono eliminati nell'ordine:
- corpi estranei di grosse dimensioni
- frammenti di ceramica, porcellana, pietre, corpi metallici, plastica, ecc.
- corpi magnetici
- corpi leggeri (carta, alluminio, legno, ecc.)
- corpi metallici non ferrosi (alluminio, piombo, rame)
- corpi opachi
In particolare l'efficienza nella separazione dei corpi opachi rappresenta un limite tecnologico alla nobilitazione del rottame: essendo costituiti ad esempio da prodotti non fusibili quali ceramica, vetroceramica, porcellana, sassi, ecc. possono causare problemi in vetreria.
Fibre di Cuoio Rigenerato
Il rigenerato di fibre di cuoio è un materiale artificiale costruito utilizzando fibre di cuoio ottenute per demolizione meccanica o chimica di residui di cuoio.
Il rigenerato di fibre di cuoio spesso viene chiamato anche rigenerato di cuoio o impropriamente, cuoio rigenerato o pelle rigenerata. Il termine ``cuoio rigenerato`` o ``pelle rigenerata`` è fuorviante in quanto induce il consumatore a credere che il materiale sia cuoio, seppure rigenerato, quando in realtà è un materiale artificiale contenente fibre ottenute per demolizione meccanica o chimica di residui di cuoio.
Il termine ``cuoio rigenerato`` è illegale in Italia perché in contrasto con la legge italiana n. 1112 del 16 dic. 1966 che stabilisce che ``i nomi ``cuoio``, ``pelle`` e ``pelliccia``, i termini che ne derivano o loro sinonimi sono riservati esclusivamente ai prodotti ottenuti dalla lavorazione di spoglie animali sottoposte a trattamenti di concia o impregnate in modo tale da conservare inalterata la struttura naturale delle fibre, nonché gli articoli con esse fabbricati``.
Nel caso di calzature, poi, il termine ``cuoio rigenerato`` sarebbe anche in contrasto con la Direttiva Comunitaria 94/11/CE del 23/3/94 che, oltre a definire i termini cuoio, pelle ecc. in modo analogo alla legge italiana, precisa che ``Se però la pelle o il pellame conciati sono disintegrati meccanicamente e/o ridotti chimicamente in particelle fibrose, pezzetti o polveri e, successivamente, con o senza l'aggiunta di un elemento legante, vengono trasformati in fogli o altre forme, detti fogli o forme non possono essere denominati ``cuoio``.